giovedì 27 giugno 2013

L'uomo d'acciaio



L'UOMO D'ACCIAIO.

Zack Snyder, regista tra i più stimati degli ultimi dieci anni, si prende a carico la grave responsabilità di rimettere in scena, dopo soli sette anni dall'ultima comparsata, la storia di Superman, attraverso un operazione che ultimamente ha trovato non pochi esiti positivi, il reboot.
Senza poter chiaramente stravolgere la struttura del racconto, il film ricompone in modo originale le fasi dell'esistenza del protagonista, giocando su un interessante schema a flashbacks, e optando per uno svelamento immediato dell'identità del nemico, introdotto da un prologo piuttosto “approfondito” sulle vicende che portano il giovane Kal El sul pianeta Terra. La considerazione alla base di quest'opera è evidentemente la necessità di cambiare il punto di vista su una storia che tutti conoscono, facendo in modo che la narrazione parta alla larga rispetto al suo protagonista e lo incontri invece solo in medias res, ovvero quando il nemico è pronto al confronto. Ma la particolarità di questo supereroe, così come sottolineava a suo tempo il Bill di Tarantino, è quella di non essere un umano; il suo percorso per divenire un eroe non è frutto di una sua scelta, e l'identità di questo individuo non è definita sin dall'inizio, ma è anzi il vero obbiettivo del viaggio di Superman. Quando la scoperta dei suoi poteri viene confinata nei soli flashbacks e il punto di vista dello spettatore per una buona mezz'ora non viene fatto coincidere con quello del protagonista, ma con quello di personaggi secondari, accade che il coinvolgimento nel percorso di questo supereroe sia limitato, oppure del tutto assente.
La crisi di identità del protagonista è sicuramente il punto centrale dell'analisi di Snyder, che realizza probabilmente la scena più forte e intensa proprio per uno dei momenti determinanti in questo senso, ovvero il sacrificio del padre terrestre; ma per tutto il resto del film invece la questione è solo oggetto di parole, e se il dilemma che vive il protagonista, diviso tra i due popoli, risalta allo spettatore non è per effetto delle immagini ma per quello di dialoghi ridondanti.
L'esito finale di questo reboot è una mancanza di interesse per le vicende raccontate, che anche quando si fanno colme di azione lasciano il pubblico a una visione spettacolare, ma priva di sentimento. L'urlo di Superman, dopo aver eliminato l'unico altro superstite di Krypton, echeggia così nel vuoto di una mente che ha già da parecchi minuti la sala.

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