lunedì 18 marzo 2013

Re della terra selvaggia



RE DELLA TERRA SELVAGGIA.


In un mondo per noi ormai fatto quasi solo di tecnologia, la dimensione liminare di una palude abbandonata appare come un luogo fantastico. 
Re della terra selvaggia racconta la vita di pochi sopravvissuti alla civilizzazione, persone che per godere appieno della libertà si sono rifugiati in terre dichiarate dallo stato inagibili. Si tratta di uomini e donne con problemi di alcool e droga, per cui la loro scelta di vita non è certo dettata in primis da un'aspirazione morale alla libertà, oppure si?  Non è forse questa terra selvaggia un luogo dove gli emarginati sociali possono vivere pienamente e senza giustificazioni la loro esistenza,  solo per quello che è, e aiutandosi a vicenda?Le uniche persone che appaiono infatti sottoposte a scelte altrui sembrano essere i bambini come la giovane protagonista Hushpuppy, costretti a crescere in un luogo scelto per loro da altre persone. Ma non vale forse per tutti i figli?  
La decisione di Hushpuppy alla fine del film sorprende proprio perché ci colpisce nelle nostre convinzioni di uomini civilizzati e dalla visione unidirezionale. La bambina non è solo insolitamente matura, è capace di affrontare la vita (e la morte) di petto, di tenersi stretta i valori e le persone che l'hanno cresciuta, facendoci sentire per questo inappropriati.

giovedì 14 marzo 2013

Educazione siberiana



EDUCAZIONE SIBERIANA.

Salvatores stavolta ambienta il suo film nelle vaste e infinite lande della gelata Russia, attorniandosi di una sfilza di attori stranieri, per l'adattamento del romanzo omonimo di Nicolai Lilin.
In una serie di alternanze tra flashback e flashforward, si dirama in quest'opera la vicenda di un giovane siberiano, la cui famiglia fu trapiantata come molte altre nella città di Fiume Basso durante la seconda guerra mondiale, per ordine di Stalin; e tra regole, onore siberiano e amicizia ci viene mostrato il suo percorso di formazione, fino all'approdo all'età adulta.
Sarà per via del cast internazionale e per la figura della star John Malkovich, oppure per l'ambientazione straniera, ma il film pare da subito fare l'occhiolino a un tipo di cinema estraneo alle produzioni italiane. Raramente infatti in Italia ci si è interessati a storie lontane dai nostri confini e dalla nostra gente, tanto meno nel caso del genere d'azione, essendo invece materia quasi di totale dominio dell'industria hollywoodiana. Così molti momenti sembrano forzati, in particolar modo alcuni dialoghi conclusi con battute secche e taglienti, come nello stile dei migliori action-movie, che però non trovano qui sufficiente efficacia e credibilità.
In opposizione a quanto detto finora va riconosciuto l'ottimo lavoro di caratterizzazione dei personaggi, su tutti il nonno e il nipote protagonista della storia. Attraverso una serie di scene pedagogiche lo spettatore viene informato sulla cultura e sulla storia di questi figli dei deportati siberiani della seconda guerra mondiale. In tal senso è davvero efficacie l'incipit, con i dettagli dell'altarino della Madonna armata di pistole, e dei tatuaggi sulle mani rugose e consumate del nonno. Proprio questo personaggio racchiude tutta l'essenza dell'eredità di tale popolo e rappresenta anche l'elemento più riuscito del film. Infatti, passano dalle espressioni del volto di John Malkovich sia le dure reazioni ai poteri forti dello stato, sia la stanchezza di un corpo vecchio e desideroso del riposo finale.
Al di là di tutto, il film difetta di ritmo e coinvolgimento emotivo, almeno per grandissima parte del suo protrarsi; gli stacchi tra sequenza e sequenza risultano spesso pesanti e lasciano una continua sensazione di incompletezza della scena. Ne viene fuori un film “sincopato”, che più che tenerci volutamente distanti pare non riuscire a fare l'opposto. Tutto ciò è reso ancora più evidente, per contrapposizione, dallo splendido “momento” che il film vive tra la scena dei soldi in casa e quella della prigionia del protagonista, in cui invece la messa in scena raggiunge un livello altissimo, il montaggio crea finalmente una tensione forte, e si “tocca” con gli occhi la maturazione del personaggio. Costante infine risulta il contributo della splendida fotografia di Italo Petriccione, fondata su tonalità fredde e spesso messa a dura prova (uscendone splendidamente vincente) dai molti primi piani di personaggi affiancati a finestre e porte aperte sull'esterno (soggetti quindi sia a fonti luminose esterne che interne).
In conclusione Salvatores realizza una pellicola che somiglia per molti versi a un'opera prima, caratterizzata dalla tipica assenza di unità e pure dai momenti eccellenti che ne caratterizzano i migliori esempi, nel complesso di un film incompiuto che troppo tardi riesce a comunicare davvero con lo spettatore; solo al momento in cui il passato e il presente del personaggio si ricongiungono per la resa dei conti.