L'UOMO D'ACCIAIO.
Zack Snyder, regista tra
i più stimati degli ultimi dieci anni, si prende a carico la grave
responsabilità di rimettere in scena, dopo soli sette anni
dall'ultima comparsata, la storia di Superman, attraverso un
operazione che ultimamente ha trovato non pochi esiti positivi, il
reboot.
Senza poter chiaramente
stravolgere la struttura del racconto, il film ricompone in modo
originale le fasi dell'esistenza del protagonista, giocando su un
interessante schema a flashbacks, e optando per uno svelamento
immediato dell'identità del nemico, introdotto da un prologo
piuttosto “approfondito” sulle vicende che portano il giovane Kal
El sul pianeta Terra. La considerazione alla base di quest'opera è
evidentemente la necessità di cambiare il punto di vista su una
storia che tutti conoscono, facendo in modo che la narrazione parta
alla larga rispetto al suo protagonista e lo incontri invece solo in
medias res, ovvero quando il
nemico è pronto al confronto. Ma la particolarità di questo
supereroe, così come sottolineava a suo tempo il Bill di Tarantino,
è quella di non essere un umano; il suo percorso per divenire un
eroe non è frutto di una sua scelta, e l'identità di questo
individuo non è definita sin dall'inizio, ma è anzi il vero
obbiettivo del viaggio di Superman. Quando la scoperta dei suoi
poteri viene confinata nei soli flashbacks e il punto di vista dello
spettatore per una buona mezz'ora non viene fatto coincidere con
quello del protagonista, ma con quello di personaggi secondari,
accade che il coinvolgimento nel percorso di questo supereroe sia
limitato, oppure del tutto assente.
La
crisi di identità del protagonista è sicuramente il punto centrale
dell'analisi di Snyder, che realizza probabilmente la scena più
forte e intensa proprio per uno dei momenti determinanti in questo
senso, ovvero il sacrificio del padre terrestre; ma per tutto il
resto del film invece la questione è solo oggetto di parole, e se il
dilemma che vive il protagonista, diviso tra i due popoli, risalta
allo spettatore non è per effetto delle immagini ma per quello di
dialoghi ridondanti.
L'esito
finale di questo reboot
è una mancanza di interesse per le vicende raccontate, che anche
quando si fanno colme di azione lasciano il pubblico a una visione
spettacolare, ma priva di sentimento. L'urlo di Superman, dopo aver
eliminato l'unico altro superstite di Krypton, echeggia così nel
vuoto di una mente che ha già da parecchi minuti la sala.
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