DJANGO UNCHAINED.
Se fosse il suo primo
film sarebbe un capolavoro.
Ma la sfortuna dei grandi
artisti è quella di elevare attorno a sé un'aura così lucente che
tutto ciò che ti aspetti è che riescano ogni volta a farla brillare
ancora di più. Prima o poi però si arriva a un punto dove si è
talmente abbagliati da quella luce che si dura fatica a vedere le
cose per come sono.
Come sempre succede con
questo artista a tutto tondo, lo spettatore trascorre quasi tre ore
di grande intrattenimento, alternando momenti di forte ironia a
quadri poetici dalla grande carica estetica, nel contesto di una
tematica importante come la schiavitù che seppur in modi sottili
traspare comunque dalla divertente trama. Basti pensare alla
introduzione del film, con l'eccitante accostamento tra la camminata
trascinata degli schiavi nel deserto e la musica potente sullo
sfondo, ma soprattutto con la prima scena notturna del film. La
straordinaria fotografia rivela i piedi degli schiavi, naturalmente
incatenati, che con dei movimenti confusi e irregolari mostrano tutta
la sofferenza di quei corpi.
Poi da qui il film prende
la sua strada tarantiniana e incomincia il divertimento. E
sinceramente, è davvero un divertimento senza fine.
Premesso che non è il
suo miglior film, c'è però da chiedersi chi sarebbe in grado di
mettere in scena le tante situazioni corali con tale disinvoltura da
renderle non ridicole, ma “veramente” ridicole... Nessuno.
Nessuno ci è riuscito
finora, nonostante siano passati vent'anni dal suo esordio alla
regia. Ma se questo può sembrare solo un merito in realtà ormai è
diventato pure un limite. Il suo talento è così immenso e unico che
gli permette anche senza “fatica” di fare prodotti che colpiscono
per forza lo spettatore e lo affascinano. E' talmente bravo che non
può fare film brutti. Una verità che appartiene solo a lui. Ecco
che forse allora è giusto sperare in qualcosa in più.
Non esigere, si faccia
attenzione, ma solo nutrire la speranza che davanti a un suo film,
nella buia sala del cinema, si possa assistere a un nuovo esempio di
grande regia come l'inizio di Bastardi senza gloria
(per intenderci fino all'arrivo in casa del colonnello Landa),
stavolta esteso a tutto il film. Ne sarebbe sicuramente capace
Tarantino, ma succederà solo se troverà piacere nel farlo. Perché
in fondo è questo che prima di tutto avvertiamo nei suoi film: il
primo a divertirsi è proprio lui.