IL GRANDE GATSBY.
Nessuno sa chi sia
Gatsby; ai più appare solo un'ombra capitata per caso nell'immensità
delle sue celebri feste, che ogni settimana si ripropongono in pompa
magna su una baia, di fronte a una lontanissima luce verde. Al centro
della sua vita c'è solo una donna, conosciuta cinque anni prima, per
pochi giorni e divenuta un sogno da coronare ad ogni costo.
Ma Gatsby finirà per non
capire quanto la corruzione di cui sono fatte le sue gesta sia niente
a confronto della bassezza di cui sono fatti gli uomini.
Baz Luhrman prende il
romanzo di Fitzgerald, lo adatta alle musiche moderne pop e ne fa
un'opera mitologica. C'è tutto in questo film e nella figura del suo
protagonista: amore, amicizia, guerra, morte, sfarzo e povertà. Noi
spettatori non riusciamo mai a capire come prendano forma questi
elementi nel cuore e nella memoria di Gatsby, ma, esattamente come il
suo unico amico e nostro narratore, possiamo percepire passo dopo
passo, scena dopo scena, la grandezza di questo uomo, la sua modestia
e umiltà, nascoste da uno sfarzo immane finalizzato ad un
fanciullesco sogno d'amore.
La forma del film
rispecchia perfettamente le mille facce del suo protagonista; dai
tanti effetti per il 3d, all'uso esasperato del montaggio
digitalizzato, alle magnifiche coreografie delle feste così come
della splendida scena della rivelazione di Daisy, tra le tende
agitate e volti velati. Proprio le feste sembrano essere il punto
limite oltre cui il film non vuole andare; la complessa messa in
scena di queste coreografie, di balli degli anni Venti danzati a
ritmo delle musiche pop di oggi, avvicinano spesso il film al
musical, ma proprio quando si sta per raggiungere l'esasperazione il
film torna indietro, rivelando la sua maggior qualità proprio nel
suo affacciarsi e tornar indietro prima di cadere.